All’ospedale missionario di Ikonda (Tanzania) giungono dottori e dottoresse, infermieri e infermiere, volontari e volontarie che chiedono di partecipare alle celebrazioni eucaristiche domenicali nei villaggi della parrocchia. A volte più per curiosità che per interesse.
Ma l’incontro con i cristiani delle comunità sperdute tra i boschi, persone semplici, povere, dalle mani callose e dai volti che sembrano scolpiti nel legno di ebano, li aiuta a riscoprire la gioia e la bellezza della fede. Il viaggio in macchina tra buche e scossoni, su strade in terra battuta, polverose durante la stagione secca e piene di pozzanghere durante le piogge, crea un clima di vicinanza e famigliarità. Il verde e il silenzio dei boschi, gli alberi alti e maestosi sotto il sole o danzanti e inquieti sotto la forza del vento, favoriscono il contatto con la natura, troppo spesso distrutto dalla vita caotica e convulsa delle città italiane. Entrare in piccole chiese diroccate, con il pavimento sconnesso, il tetto in lamiere che durante le piogge a volte lasciano cadere qualche goccia, suscita un’impressione di povertà e di essenzialità. Niente orpelli, ori, pitture. Solo un altare, un ambone, un crocifisso in legno, una Madonna pure in legno che tiene in braccio Gesù bambino, le immagini della Via Crucis e alcune panche. Chiese povere, fredde e umide, ma ricche del calore della fede gioiosa di cristiani umili e sereni. L’incontro con persone semplici: gli uomini con giacche rattoppate e vestiti poveri, le donne con un abbigliamento un po’ più curato, fa cedere tutte le convinzioni e le maschere che noi ci portiamo addosso come una corazza e ci impediscono un contatto diretto con chi è diverso per cultura e tradizioni, ma è simile a noi. La vista di ragazzi e ragazze, che con orgoglio si alternano per le letture e a fatica raggiungono l’ambone, suscita tenerezza e partecipazione. La loro fede semplice è contagiosa, rasserena il cuore e dona pace. Le piccole chiese dei villaggi si riempiono delle gioie e delle fatiche, delle speranze e delle preoccupazioni di ogni giorno. Il tamburo accompagna i canti e ritma il passo di danza quando i fedeli portano all’altare sul capo i doni della terra: patate, banane, pannocchie, ortaggi. Gli amici, partecipi di queste liturgie, ritrovano le tracce di esperienze passate feconde, sepolte sotto abitudini prive di vita. La povertà e la fede gioiosa degli uni è fonte di ricchezza per gli altri. La Chiesa di Cristo, Capo e corpo, presente e viva durante la Celebrazione eucaristica, diventa una testimonianza eloquente del Signore Risorto, tocca i cuori dei presenti e risveglia la fede. Uomini e donne che hanno ricevuto il Vangelo dai nostri missionari, con la loro testimonianza aiutano noi, cristiani di antica tradizione, a riscoprire la bellezza e la forza della fede. Ciò che avviene in piccoli villaggi africani è il segno fecondo di un prossimo futuro per la nostra terra.
fr. Riccardo Rota Graziosi