La mia Missione…

Ho sempre sognato di essere missionario. Nel 1988, quando ero ancora
studente di teologia, chiesi di fare un’esperienza missionaria in Africa:
mi fu concesso e trascorsi due mesi in Guinea-Bissau. Fu amore a prima vista. Ripartii nel settembre 1993. Ricordo che, per l’emozione, non dormii tutta la notte. Dividerei la mia esperienza missionaria in tre tappe, che corrispondono ai tre compiti che mi sono stati affidati in questi anni: formatore, parroco, insegnante.

Formatore

Sono stato nominato fina da subito “maestro dei postulanti”, cioè, incaricato della formazione di alcuni giovani guineani (tre, ma uno si è perso per strada) avviati alla vita religiosa. Questo periodo è durato poco, perché dopo un anno ero nominato “rettore del seminario francescano” (1994-1999). Qui ho potuto accompagnare varie decine di ragazzi in ricerca vocazionale, facendomi loro padre, amico e confidente. Un periodo bellissimo, straordinario, ma anche molto esigente. Non sempre mi sentivo all’altezza. Nel 1999 cambio di scena, anzi, di nazione: Costa d’Avorio.  Sono richiesto come formatore degli studenti di teologia. Faccio un anno di tirocinio, poi sono nominato “maestro dei chierici”. Una grossa responsabilità, dovendo accompagnare diciotto giovani di quattro paesi africani, con sensibilità e culture molto diverse tra loro. In Costa d’Avorio mi occupo anche di prigionieri, raccogliendo l’eredità lasciata da un frate francese. Questo periodo rimarrà uno dei più belli della mia vita missionaria; dai prigionieri ho ricevuto tantissimo, molto di più di quello che ho potuto dare loro.

Parroco 

Nel 2005, finita la parentesi ivoriana, si ritorna in Guinea. Sono riconfermato come formatore per un anno, poi – nel 2006 – sono nominato parroco. Comincia un nuovo capitolo della mia vita. Per dire la verità, non me l’aspettavo: ero formatore e pensavo che sarei morto formatore. E, invece, eccomi improvvisamente parroco di una parrocchia enorme, molto popolosa in un quartiere periferico della capitale Bissau. In realtà erano cinque comunità, ciascuna con la propria organizzazione interna (consiglio della comunità, catechesi, S. Messa domenicale,
amministrazione dei sacramenti) e la propria autonomia. Una girandola di gruppi e movimenti (di preghiera, di apostolato, sportivi, culturali, educativi, ecc.) che richiedevano formazione e assistenza spirituale in continuazione. Si amministravano circa trecento battesimi all’anno e altrettante confermazioni; i matrimoni non si contavano. In seguito, nel 2012, sono stato nominato parroco a Nhoma, un piccolo villaggio non molto lontano dalla capitale, in territorio balanta.
Qui la sfida è un’altra: l’inculturazione del messaggio cristiano. Il popolo vive immerso nei riti tradizionali, c’è pochissima partecipazione in chiesa, i battesimi si contano sulle dita della mano. Mi sembra di essere precipitato in un altro mondo, primitivo e misterioso, fatto di cerimonie, di riti e di spiriti.

Insegnante 

Nel 2017 altro cambio di scena. Sono inviato a Blom e quindi a Quinhamel, senza incarichi speciali. Non sono più né parroco né formatore. Entro in crisi e chiedo a Gesù di farmi capire qual è la sua nuova volontà. Alla fine, capisco: Dio vuole che mi dedichi a tempo pieno all’insegnamento. Adesso mi metto con impegno a preparare i corsi, accompagno gli studenti che devono redigere le monografie a fine-ciclo, impartisco lezioni a postulanti e novizi francescani, nonché alle junioristas (giovani suore o candidate alla vita religiosa). La nuova attività mi piace, mi appassiona. Tra l’altro mi permette di approfondire temi e problematiche
della missione, quali l’inculturazione, il dialogo interreligioso, l’ecumenismo, la salvezza nelle altre religioni.
Negli ultimi tre anni sono stato rinominato parroco, in una piccola parrocchia in mezzo alla boscaglia (Blom, nella regione di Biombo). Ambiente e cultura totalmente differenti, dialetto
differente. Adesso mi sono messo a studiare la lingua pepel, che – manco a dirlo – è difficilissima. Ma non mi perdo d’animo. Ormai ho capito che nella vita quello che vale è ricominciare sempre. Anche in missione.

                                                                                                                             fra Renato Chiumento