Siamo tutti pellegrini in cammino

In questi due verbi (camminare per strada e predicare) Gesù traccia il volto operativo della Chiesa, dipingendolo come un popolo di Dio composto di pellegrini e forestieri in cammino perpetuo, con nella bisaccia da viaggio la Parola di Dio: una Parola che è un faro capace di illuminare le oscurità del complesso stradario umano e che è anche un pane da mangiare, l’unico che sazia ogni tipo di fame.

Gesù dice: “andate!”, non “state!”, assicurando che in questo loro andare c’è la sua misteriosa ma vera presenza: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). È un andare per lui, con lui e in lui. Una tale prossimità rende l’apostolo come Gesù stesso: negli occhi del missionario si legge infatti la luce del cuore e nei suoi gesti si intravede la tenerezza del nostro Signore.
Allora la presenza di Gesù in mezzo a noi, apostoli di oggi, è possibile solo nel nostro andare predicando, ben consapevoli che il suo stare in mezzo a noi sta proprio nel nostro andare! Anzi, noi cristiani testimoni del Risorto, non stiamo in piedi se non andiamo con lui, per lui ed in lui! Il nostro equilibrio sta in questo comando missionario di Gesù, il baricentro funziona solo nell’essere dinamico. La missione è salutare alla nostra vita, salvaguardandoci da accartocciamenti che ci imprigionano e da dispersive autoreferenzialità che ci stritolano.
In tal modo la Chiesa non ha senso se non va! Se si radica in luoghi fissi da museo, in abitudini stereotipate e ragnatelose, se si abbarbica alle logiche del “si è sempre fatto così”, se privilegia l’orticello del piazzale e della sacrestia anziché mettere i calzari del pastore per andare in cerca delle pecore o anche non entra nella barca per gettare le
reti in mare, non può seminare quella parola del Signore che Egli ha voluto si seminasse per strada: “Strada facendo, predicate”.
La strada è una grande maestra, anzi è una vera e proprio dottoressa della Chiesa. Gesù stesso l’ha in qualche modo canonizzata quando dalla strada ha tracciato il volto del prossimo nel buon Samaritano, quando si è travestito da pellegrino per insegnare e poi
farsi riconoscere dai due viandanti verso Emmaus, quando ha incontrato sofferenze fisiche e morali proprio dalle persone incontrate mentre camminava… e sono tante.      Per strada Gesù è nato e per strada è morto, e l’alleluia della risurrezione è risuonato per strada.


In fondo la nostra stessa vita è una strada che ha l’origine in Dio (dal suo grembo siamo nati) e il suo fine nell’abbraccio della Trinità, dove troveremo anche tutti coloro che hanno camminato prima di noi, spargendo sulle strade percorse il loro sudore e le loro lacrime.

Cristo stesso si è definito strada: “Io sono la via”. Seguire lui è uscire dai labirinti angoscianti del nostro io egoistico, per divenire uomini e donne nuovi, illuminati dal sole della grazia, in grado di respirare il tonificante ossigeno di Dio. Come missionari di oggi siamo invitati a ricuperare il valore di questa dottoressa della Chiesa che è la strada: qui incontriamo la gente nella concretezza della vita, possiamo guardarla negli occhi e nel cuore, possiamo ascoltare e consolare, lasciarci aiutare da mani fraterne.              Sulla strada possiamo offrire quello scorcio di paradiso che è il nostro sorriso, saporoso impasto della presenza di Dio in noi e della nostra umanità redenta. La fatica del cammino – che ben conoscono i romei di ogni secolo, anche quelli di oggi – ci mantiene liberi da virtualismi ingannevoli e ci rifà il gusto del bicchiere d’acqua, di una sosta contemplativa, di una intercessione per chi sta male, di un incontro imprevisto (per strada i nostri imprevisti sono i previsti di Dio!).
Sulla strada, ancora, impariamo a riconoscere Dio nel creato, nelle leggi della natura. È un buon esercizio prendere la strada come osservatorio, avere occhi stradali in grado di
correggere una vista troppo casalinga, statica e oggi anche limitata e ingannata dai fantasmi del virtuale. La strada ci fa ritrovare la bellezza dello sguardo di carne, proprio come aveva Gesù i cui occhi umani facevano trasparire la sua divinità.

                                                                                                                                  fr. Massimo Tedoldi