P. Flavio, un frate tutto cuore

Il 31 agosto 2017 il Signore ha chiamato a Sé padre Flavio, nato a Chiari (Brescia) nel 1939 e partito come missionario in Burundi nel 1998, dove è rimasto fino al giugno 2017 come responsabile del Villaggio San Francesco di Kayongozi.

Lo vogliamo ricordare perché quanti ci leggono possano conoscere questo frate dal grande cuore, semplice e senza fronzoli, che ha saputo vivere la fraternità non con retoriche parole, ma con i fatti, e che dal Cielo continuerà a inviarci la sua sorridente benedizione. Da anni lo chiamavamo scherzosamente “padreterno”. Soprannome già coniato dai frati in Italia e coralmente sigillato dai vent’anni di missione in Burundi. Aveva, infatti, alcune caratteristiche che richiamavano in qualche modo l’onnipresenza e l’onnipotenza divine. Riusciva ad essere dappertutto, lo trovavi in cucina con le mani nell’arrosto, accanto ai letti dei malati, in mezzo a frotte di bambini che gli schiamazzavano addosso, a recitare la Liturgia delle Ore in cappella… quasi in bilocazioni continue. La sua onnipresenza era in realtà supportata da piedi in continuo movimento, dal mattino prestissimo fin dopo cena, quando, con gli occhi rossi e sbadigliando, augurava ai frati la buona notte. Non si fermava mai. Il suo tragitto obbligato era dal convento al Villaggio San Francesco, a qualche centinaio di metri soltanto, ma percorso decine e decine di volte per risolvere le migliaia di piccoli problemi che spuntano ad ogni momento quando i bambini sono centinaia tra orfani, affetti da handicap e malati; ed in più i lebbrosi, i vecchi, e i tanti che la miseria ha radunato nel nido accogliente del Centro. Padre Flavio ormai non poteva più vivere senza i suoi bambini e la variegata famiglia che componeva il Villaggio San Francesco. Anche quando rientrava in Italia, per qualche breve visita e, negli ultimi anni, per controlli di salute, in realtà il suo cuore restava attaccato là, e faceva di tutto per anticipare il rientro. All’onnipresenza univa una sorta di onnipotenza, ben visibile nelle molteplici e belle costruzioni. Il povero paese di Kayongozi ha cambiato volto con padre Flavio,tra scuole, centri sanitari, acquedotti, chiese, che ha costruito nella regione. E in tempi velocissimi. Il Villaggio, poi, è la sua opera d’arte, con saloni per incontri, dormitori, refettori e cucine, il centro sanitario con la sala operatoria e lo studio dentistico. Una vera cittadella tuffata nel verde di palme e pini, con gli sciami di bambini che ti vengono incontro a chiederti l’akabombo e con i vecchietti e i lebbrosi che ti salutano e desiderano stringerti la mano. Un’onnipotenza, la sua, alla quale hanno contribuito i muscoli di tanti benefattori e di tanti frati e volontari. Chi stava con lui, godeva subito di un grande senso di sicurezza. Anche negli anni bui della guerra e quelli successivi di tante razzie notturne, la bonomia di Flavio era un efficace sciroppo per allontanare il malessere della paura. E così questo frate “tuttocuore” ha vissuto per vent’anni nel Paese dalle mille colline come in una sorta di paradiso terrestre, trasformando in serenità anche quegli inevitabili purgatori dovuti alle difficoltà della miseria e delle molteplici guerriglie. Guardiano del convento, direttore del Villaggio, economo e sovrintendente a tutti i lavori di costruzioni, di orti e di manutenzioni… Il suo segreto? Si sentiva amato e sorretto dal vero Padreterno che gli aveva messo nel cuore un po’ della sua onnipresenza e onnipotenza. E gli aveva concesso – eccezione unica – di essere chiamato col suo stesso nome, sebbene in lettera minuscola, padreterno.