Padre Simone Arnaldi “Una vita in Missione”
Oggi avrebbe 106 anni, il nostro Padre Simone. “Era un sant’uomo”.
Lo sentiamo dire spesso di qualcuno che ha destato la nostra ammirazione per la sua rettitudine, la sua fede, le sue virtù. Cresciuto nel Seminario di N.S. del Monte a Genova, all’età di 22 anni, dopo il noviziato, fra Simone chiede di andare missionario in Cina. Là si prepara al sacerdozio e nell’imminente guerra civile, viene portato a Pechino d’urgenza e ordinato sacerdote di notte.
Da quel momento inizia un peregrinare tra gli ultimi degli ultimi, dalla Cina passa ad un lebbrosario in Corea e infine in Burundi a Kayongozi, decidendo poi di finire i suoi giorni in Terra Santa.
In Burundi ha vissuto gli anni della terribile guerra civile tra Hutu e Tutsi. Vive la grande strage del 1993. Trecentocinquantamila morti in una settimana. Il convento diventa un campo di rifugiati, dentro e fuori. Fra Simone si ritrova con milleduecento persone da sfamare. Nessun problema. Riunisce uno stoccaggio di derrate alimentari. Riduce a pentole i grossi bidoni destinati al gasolio, da 200 litri ciascuno. Si fa fuoco dalle tre della notte. Al mattino sguinzaglia apposite squadre di uomini per raccogliere i cadaveri degli uccisi. Padre Simone sente che il Signore è al suo fianco e allarga quanto occorre gli spazi della sua paternità. Giunge, come Ministro Provinciale padre Giacomo Massa, arriva all’improvviso, dopo un lungo auto stop dal Ruanda. Lo vede da lontano, gli corre incontro con le lacrime agli occhi e nell’abbracciarlo stretto gli disse: “Ero certo che saresti arrivato.”
Il convento è lastricato di donne partorienti o con bambini in braccio. A padre Giacomo aveva riservato, per dormire, uno spazio ristretto tra le donne.
Padre Simone era colui che può essere definito: ”Un uomo d’altri tempi”, con tutti quegli aggettivi che caratterizzavano buona parte delle persone della sua generazione, coraggioso, retto, talvolta brusco, con quella dolcezza interiore che non poteva essere palesata.
La vita passa in fretta ed anche per padre Simone arrivano presto gli ottant’anni. Sente che non è più possibile rimanere da solo in quella terra d’Africa. Costringe Padre Giacomo a provvedere di mandare qualcuno al posto suo. Rientrerà in Italia con gli occhi pieni di pianto.
Ancora oggi, tra la gente, la sua persona è citata con grande amore e riconoscenza. Quel frate francescano vissuto sempre altrove, capace ogni volta di ricominciare daccapo, con un cuore che non gli si è mai arrugginito dentro. Accanito nella preghiera; intollerante verso se stesso; ruvido di corteccia. Un frate unico e improponibile che forse si è portato addosso la malattia dell’infinito.