Premetto che non sono uno di quei giornalisti che vengono in Africa per pochi giorni e poi scrivono mostrando di sapere tutto del paese che li ospita, mentre i sacerdoti missionari, dopo 30/40 anni di duri sacrifici, forse non hanno capito a fondo la realtà in cui vivono.
La Guinea Bissau è uno dei paesi più poveri dell’Africa, da queste regioni sono partiti per l’America gli schiavi (dai porticcioli di Cacheu o di Bissau). La maggior parte della popolazione ha una età inferiore ai 20 anni. Percorrendo le strade, visitando i villaggi e le rare città, si incontrano soprattutto donne e bambini, tutti o quasi con vestiti dai colori sgargianti ed estremamente puliti.
È una nazione che ha un grosso problema: l’acqua.
I villaggi, composti da 5, massimo 10 case (4 pareti e pavimento tutto fatto con la terra e tetto di lamiera), sono privi d’acqua; quelli più fortunati hanno un pozzo dove si formano code di donne e bambini (anche di 4/6 anni) che prelevano acqua e con con un secchio sulla testa, la trasportano per distanze di oltre 1 km sotto il sole rovente anche per più volte al giorno. Pensiamo un po’ a noi abitanti del cosiddetto primo mondo (o mondo civilizzato!) se un nostro nipotino/a dovesse avere questa incombenza di trasporto acqua tutti i giorni dell’anno!
Noi siamo fortunati perché viviamo in una società nella quale non manca niente e pensiamo a loro come gente povera… La vera gente povera non chiede l’elemosina (o il reddito di cittadinanza); loro hanno la dignità del silenzio.
Quasi la totalità dei guineani non conosce la TV; alcuni di loro hanno però i nostri vecchi telefonini (quelli che noi abbiamo gettato via diversi anni fa). Non avendo la TV, non possono sapere che esiste un mondo dove gli esseri umani hanno tutto (acqua, cibo, scuola, sanità, svaghi ecc. ecc.).
Questa assenza dei mass media è una fortuna (!) per loro perché non consente il confronto tra la nostra e la loro società. Non possono neanche lontanamente immaginare che esiste un mondo dove qualcuno che ha mangiato troppo si reca al pronto soccorso per una stupida indigestione (e anche non a pagamento).
Pensate che è un paese così povero che persino i virus delle ultime epidemie non si sono fermati e l’hanno evitato (pochi casi di AIDS, nessun caso di EBOLA e pochi casi di COVID…)
Vi racconto un episodio che ho vissuto personalmente. Ad una ragazza di 20/25 anni, mentre stava cucinando del cibo tra 4 sassi per terra (non hanno ancora la piastra a induzione!), gli è caduta una pentola bollente sul piede, provocandole una ustione di terzo grado. I nostri frati francescani le hanno procurato qualche Franco Guineiano (la loro moneta) per farla ricoverare subito nel piccolo ospedale (!) (provvisto solo di maternità, odontoiatria, laboratorio analisi con un microscopio … ovviamente senza pronto soccorso ne’ medico sempre presente). Il giorno dopo siamo ritornati per portare un po’ di riso e l’abbiamo trovata ancora sofferente nella sua capanna (pavimento e pareti di terra dove l’igiene = 0). Aveva usato i soldi per comprare il riso per i suoi bambini. Il nostro frate francescano l’ha sollevata di peso, (poiché non riusciva a camminare) e l’abbiamo portata subito in ospedale! L’assenza di acqua e la conseguente mancanza di igiene avrebbero creato un serio problema al suo piede.
L’acqua è vita: l’acqua serve per poter coltivare quel poco che la terra consente, serve per l’igiene ed è quindi fondamentale per la salute. Si calcola che se in un villaggio di 100-200 persone, (composto da circa dieci-venti abitazioni di capanne di terra con tetto in lamiera o paglia), arriva l’acqua, da una aspettativa di vita di circa 40 anni si passa in poco tempo a 60-65 anni.
Ho viaggiato e conosciuto molti paesi in tutta l’America, l’Europa, il Medio Oriente e il Nord Africa. La Guinea Bissau è l’unico paese nel quale i bambini non conoscono il latte! Semplicemente perché le poche mucche, viste da me personalmente, sono grandi poco più di una nostra capra. Il motivo è che al di fuori della stagione delle piogge, nonostante la fitta vegetazione dei boschi, non può crescere l’erba a causa dei mesi di siccità (sette mesi l’anno).
È un paese nel quale non esiste il turismo. Il raro turista, da queste parti, non è assalito come nei paesi nordafricani da bambini che chiedono l’elemosina per poter mangiare.
I nostri frati francescani per gli spostamenti tra un villaggio e l’altro usano una Toyota pick-up, con cassone dietro. Percorrendo le strade e i sentieri vengono fermati da moltissimi bambini e adulti che chiedono un passaggio e molte volte si riempie sia il cassone che l’abitacolo di passeggeri di tutte le età.
I nostri bambini, da noi, vengono legati nel seggiolino sul sedile dietro della nostra macchina; qui invece vengono ospitati sia dentro che nel cassone dietro e viaggiano in piedi aggrappandosi per non venire sbalzati fuori a causa di buche di 20/30 cm affrontate lungo i sentieri dei boschi anche a 30-50 km/h !!! Provate a pensare a bambini di 4-6 anni che appena riescono a scavalcare la ruota e il bordo del cassone del pick up e che l’alternativa sarebbe di fare 4-7 km sotto il sole… per raggiungere o la scuola o il paesino più vicino.
Un simpatico aneddoto: ho visitato una classe dell’asilo nido (2/3/4 anni) della missione francescana dove c’erano alcuni bambini che non avevano mai visto un uomo bianco e, dopo aver vinto una iniziale diffidenza, si sono messi ad accarezzare e toccare le nostre mani bianche (tentando di capire come mai la nostra pelle sia bianca e la loro ancora “nera”) e ridevano, e ridevano, e ridevano…
Massimo Candusso