Una regola, raramente scritta ma comune alla prassi di molte società, afferma che l’unità di un gruppo si realizza sempre mediante l’esclusione di coloro che non ne fanno parte. Anche nella nostra Italia molti perseguano questo modello di realizzazione di sé stessi con la separazione dall’altro e nella xenofobia.
Un esempio lo troviamo nel settore sanitario dove affermazioni simili a questa sono in aumento: «Non voglio farmi visitare da un medico negro…».
Il pregiudizio inizia e degenera poi in aggressioni non solo verbali che esprimono razzismo. «Negli ultimi cinque anni, più di 300 professionisti della salute stranieri hanno lasciato l’Italia per colpa dei pregiudizi sul colore della pelle, l’abito e l’origine – denuncia Foad Aodi, presidente dell’Amsi (Associazione medici stranieri in Italia) – e nonostante la grave mancanza di personale sanitario esistente nel Paese». (Avvenire, FULVIO FULVI giovedì 24 novembre 2022)
Potremmo chiedere alle persone che si fanno paladini ed insistono sulla differenza e sulla esclusione al livello più basso: “Come mai ritenete che il “negro” non sia in grado di ascoltarvi e di entrare in relazione? Non è che abbiate perduto la visione universale della realtà, aperta ad ogni uomo?”.
L’articolo 1 della Dichiarazione dei Diritti Umani (10.12.1948) recita:
“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.
fr. Guido Ravaglia