Migranti – Quale bandiera…

Avvenire, il quotidiano cattolico il 16 novembre scorso è uscito con un editoriale speciale dedicato alle persone migranti. In prima pagina campeggiava la Bandiera Blu dell’Unione Europea, con le 13 stelle giallo oro, simbolo della sinergia che lega gli stati membri, sostituite dalle punte di un cerchio di filo spinato. L’immagine simbolo comunica subito e in profondità il messaggio: l’Europa tradisce i principi umani su cui ha fondato se stessa e il suo processo di unificazione. Sorprende il divario e la distanza tra i fondamenti proclamati e le erezioni di muri, di barriere di filo spinato stese per migliaia di chilometri senza tenere conto che chi chiede asilo ha subito violenza, soffre il freddo e la fame, ha camminato a piedi per centinaia di chilometri e continua ad esporre la propria vita al pericolo della morte. È in fuga dal suo paese nel quale non si è riconosciuto e continua a subire rifiuto e violenza dai paesi in cui chiede di essere accolto.

Coloro che stanno al potere hanno fatto dei “migranti” il mostro mediatico che ci tormenta, travestendo degli inermi in invasori.

Le vittime di soprusi sono state classificate in “clandestini” così da ricevere dall’opinione pubblica l’avvallo a leggi e a sistemi di respingimento di quasi tutti i potenziali lavoratori meno qualificati e più poveri.  Come spiegare altrimenti che tante oneste persone, che frequentano la chiesa, non si rendono contro che soffrono di miopia? Come si può continuare a dire che chi arriva da noi “è un terrorista o non ha voglia di lavorare”? Non ci rendiamo conto che se mangiamo è perché tanti di loro lavorano nei campi spezzandosi la schiena per ore, sotto il sole, che i lavori pesanti nell’industria e nell’edilizia sono nelle loro mani, che i luoghi pubblici sono puliti perché loro sgobbano, così i nostri anziani sono affidati alle loro cure? Tanti sono i lavori che noi italiani non vogliamo più fare. Anziché essere riconoscenti troppo spesso teniamo “gli stranieri” sottopagati, da anni vivono sul nostro territorio ma non hanno voce nemmeno a livello amministrativo locale, quanti di loro fanno domanda di cittadinanza devono aspettare anche più di cinque anni per ottenere una risposta. Ci sfugge che il mancato riconoscimento dell’apporto dato all’economia, alla cultura e alla società intera mina la tenuta delle relazioni tra cittadini italiani e persone emigrate da noi. Tante sono le barriere che bloccano e rendono fragili non solo le persone che le subiscono direttamente, ma anche chi le ha concepite e le mantiene.

Infine una domanda: noi che frequentiamo la Chiesa ci chiediamo quale sia la volontà di Dio su di noi nel relazionarci alle persone migranti?

Per un approfondimento visita il canale youtube: Missioni francescane OFM

 

fr. Guido Ravaglia