“Il Signore dette a me, frate Francesco, d’incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo”. (dal Testamento di san Francesco – n. 110)
Il prossimo 31 gennaio si celebra la Giornata Mondiale dei Malati di Lebbra, iniziativa di Raoul Follereau, il grande apostolo dei nostri tempi, che ha speso la sua vita per mobilitare e scuotere le coscienze al fine di sconfiggere il male della lebbra. A distanza di 68 anni, notevoli sono i passi compiuti, ma ancora ogni anno riscontriamo nuovi casi nel mondo. Gli esempi di Gesù e di san Francesco aiutano noi Francescani a vivere una relazione particolare con tutti coloro che sono stati colpiti dal morbo di Hansen. Ammiriamo Gesù che tocca i lebbrosi, senza paura del contagio, consapevole di essere lui medicina miracolosa. L’amore come medicina, l’unica forza capace di vincere l’orrore del male. San Francesco, davanti alla mano stesa del lebbroso, gli dà un bacio, ricevendo il miracolo della sua guarigione interiore; in fondo, è stato il lebbroso baciato a guarire Francesco dalla lebbra dell’egoismo. Negli ultimi sessant’anni, molti frati della nostra Provincia francescana sono partiti in direzione della Cina e della Corea, del Burundi e della Guinea Bissau per farsi incontro alle migliaia di lebbrosi che vivevano in condizioni disumane ai margini delle loro società. In particolare nel 1955 un drappello di frati del Veneto partì alla volta della Guinea Bissau, ancora colonia portoghese, per prendersi cura dei lebbrosi che si trovavano nella zona di Cumura, un piccolo centro non lontano dalla capitale. Dapprima vissero in misere capanne di fango e con strumenti davvero inadeguati cercarono di curare, così come potevano, le centinaia di malati che giornalmente si recavano presso il villaggio dei lebbrosi. In queste condizioni e con le lunghe file di lebbrosi, i frati hanno tradotto le pagine del Vangelo nel curare la carne malata, nel consolare, trasportare, fasciare per intere giornate… Hanno condiviso per anni la pena dei moribondi e gioito molte volte nel vedere i corpi risanati e la speranza risuscitata. Poi nacquero i primi padiglioni, il conventino dei Frati, la cappella… Questa nascita e sviluppo della struttura non furono solo l’impresa coraggiosa dei Frati, ma anche della grande solidarietà di benefattori che hanno formato una grande catena di solidarietà, anch’essi ispirati dal gesto di Gesù, anch’essi coinvolti nell’intimo del cuore, e volenterosi di dire: “Sì, lo voglio, sii guarito”. Vogliamo dirvi grazie anche per altre opere che negli scorsi decenni la nostra Provincia ha compiuto in varie parti del mondo. Ricordiamo la costruzione e conduzione del grande lebbrosario di Sanchong in Corea del Sud, una struttura che ha accolto un grande numero di lebbrosi; il Villaggio San Francesco in Burundi, che ha ospitato e curato centinaia di lebbrosi grazie all’amorevole servizio dei Frati e dalle Suore francescane del Monte di Genova; e ancora l’aiuto donato ai nostri missionari di Papua Nuova Guinea e della Cina. Anche oggi vi chiediamo una mano per continuare l’opera di Gesù: annunciare il vangelo del Regno e guarire ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo, in particolare la lebbra che colpisce ogni anno ancora centinaia di migliaia di malati nel mondo.
fr. Pietro Pagliarini Animatore Provinciale Missioni ad gentes